Gioco di ruolo come esperienza di trasformazione narrativa del proprio mondo interno
Nel corso dei suoi sogni, l’uomo si esercita per la vita che verrà.
Friedrich Nietzsche
Nel gioco di ruolo ogni partecipante è invitato a costruire un proprio personaggio partendo da una griglia predefinita. Il personaggio ha acquistato un ruolo speciale nelle più recenti ricerche psicoanalitiche. Sinteticamente il personaggio è inteso come narrante una dimensione emotiva che si trasforma ed evolve insieme alla trama narrativa creata dal gruppo.
I partecipanti costituiscono così un gruppo di personaggi (Guerriero, Ladro, Mago, Ranger) appartenenti a diverse razze (Dragonide, Elfo, Umano ecc.) e dotati di un ampio equipaggiamento (spade, scimitarre, kit di camuffamento ecc.). Ognuno può scegliere il personaggio più affine a se stesso, ma può anche decidere di “trasformarsi” in un personaggio molto distante alle sue consuete inclinazioni vivendo “per gioco” emozioni solitamente sopite.
Fondamentale è la co-costruzione della storia narrata. Ciascuno è invitato a cercare soluzioni, prendere decisioni secondo le attitudini del proprio personaggio contribuendo alla vita del gruppo; allo stesso tempo il gruppo facilita e sostiene le imprese di ogni personaggio.
E’ importante la dimensione del gruppo inteso non solo come momento di aggregazione, ma anche come spazio in cui “giocare” gli aspetti più nascosti della propria identità, ovvero il gioco di ruolo offre l’occasione di narrare mondi interni altrimenti inaccessibili. Attraverso il racconto gruppale ogni partecipante può incontrare le emozioni che ruotano attorno al nucleo principale del proprio Sé e incontrare aspetti del mondo interno dei compagni di gioco prima sconosciuti. La costruzione della trama narrativa offre la possibilità di vivere e trasformare emozioni che nella vita non sono accessibili. Possono gemmare personaggi che ricordano personaggi di storie famose come il ladro-buono Robin Hood oppure il malvagio Joker.
Le storie create diventano strumenti di cui la nostra mente si serve per pensare, per dare rappresentazioni a emotività che rischiano, se non espresse di produrre comportamenti non sufficientemente supportati dal pensiero. Inventare storie offre l’occasione di sviluppare la capacità di avere punti di vista molteplici identificandosi con i vari personaggi delle storie.
Per approfondire
Spazio Genitori
Bibliografia di riferimento
- Canciani, Sartori – Dire, fare, giocare – 1997
- Vallino Maccio D. – Raccontami una storia (dalla consultazione all’analisi dei bambini) – 1998
- Ferro A., Meregnani – Psicoanalisi, favole e narrazione. In: La dimensione estetica dell’esperienza. – 1995