Internet al tempo della pandemia: quale impatto psicologico sui bambini e gli adolescenti?
I genitori di tutto il mondo, dall’inizio della pandemia, hanno allentato le restrizioni ai dispositivi elettronici perché sono diventati spesso essenziali per mantenere il contatto con il mondo esterno, soprattutto durante il lockdown più duro. Internet è indispensabile per accedere alla scuola quando è raggiungibile solo con la didattica a distanza e per socializzare attraverso giochi online, chat o social.
Ora la situazione allarma genitori e scienziati. Recentemente Keith Humphreys, professore di psicologia all’Università di Stanford esperta in dipendenze, ha dichiarato sulle le pagine del New York Times:
Disagio e tempo di connessione
In seguito alla pandemia i luoghi di aggregazione sono chiusi: centri sportivi, oratori, discoteche e pub. I bambini e i ragazzi cercano attraverso internet forme di intrattenimento e divertimento. Qustodio, un’azienda che propone ai genitori sistemi per monitorare e gestire l’attività dei figli online, ha rilevato che il tempo trascorso davanti agli schermi dai bambini tra i 4 e i 15 anni è raddoppiato. Numerosi ragazzini che frequentano le scuole elementari e medie inferiori hanno scaricato giochi come Fortnite, app come Tik-Tok, Snapchat o Roblox e le utilizzano per trascorrere molto del loro tempo libero, facendo vere e proprie scorpacciate di giochi online.
Gli adolescenti che prima della pandemia mostravano difficoltà di socializzazione si sentono ora meno diversi e meno inadeguati, ma spesso il loro tempo di connessione è aumentato insieme al loro isolamento sociale.
Come in tempo di guerra?
Per comprendere la difficoltà del momento attuale spesso viene citata la guerra come momento storico difficile per la popolazione forse, si dice, più difficile. Possiamo mantenere questo paragone per comprendere meglio l’effetto psicologico ed emotivo della nuova realtà sociale in tempo di covid. Durante la guerra la scarsità di cibo era tale da imporre delle restrizioni alimentari che portarono all’istituzione della tessera alimentare, ma gli adulti hanno sempre cercato di sfamare i bambini per dare loro il cibo necessario allo sviluppo fisico. Infatti i danni organici dovuti alla malnutrizione potevano avere effetti permanenti nei piccoli. Analogamente possiamo pensare ai nostri bambini e giovani che stanno vivendo uno stallo della vita sociale reale in un momento della loro vita in cui le relazioni sono importanti per lo sviluppo emotivo e sociale tanto quanto il cibo per la crescita corporea.
“La birra con l’amico è quel momento di condivisione e di distacco, in cui faccio qualcosa con un’altra persona. Un momento che mi arricchisce emotivamente, che rinforza un legame. Il confronto è crescita. Quando ci sono questi rinforzi positivi vengono rilasciate una serie di sostanze che vanno a riattivare delle aree cerebrali che generano il benessere. Vivere in una relazione sociale significa affrontare se stessi quotidianamente. La piccola sfida ci attiva a livello cerebrale, ci spinge ad andare oltre.”
Dott. Maura Manca -Presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza
La Regola 3-6-9-12
Serge Tisseron, psichiatra e psicoanalista infantile, direttore dell’istituto di ricerca presso l’Università di Parigi, nel 2013 propose ai genitori la regola del 3-6-9-12. Ecco in cosa consisteva:
- Evitare gli schermi prima dei 3 anni
- Non usare console di gioco portatili prima di 6 anni
- Niente internet in solitudine prima di 9 anni
- Internet solo dopo i 12 anni, ma controllato
Tisseron ha collegato queste regole con le esigenze dello sviluppo psiconeurologico del bambino, pertanto occorre tenerle presente anche in tempo pandemia. Purtroppo gli episodi che narrano di ragazzini vittime di sfide online (challenge) confermano che è indispensabile accompagnarli, oltre a definire le regole di utilizzo, orari e utilizzare mezzi di controllo parentale offerti dal computer stesso o da agenzie preposte.
Il cambiamento possibile
A volte questi accorgimenti, regole e attenzioni dei genitori non sono sufficienti, oppure si è già instaurata una “dipendenza” tecnologica.
Ecco alcuni dei segnali più diffusi da tenere in considerazione per capire se un bambino/adolescente soffre di questa dipendenza:
- Ha molte relazioni online e trascorre ore a chattare sui social network.
- Non parla mai o quasi mai di persona con la maggior parte dei propri contatti.
- Se qualche contatto chiede un incontro, prende le distanze, si rifiuta o trova scuse.
- Ha paura a trasformare le relazioni virtuali in rapporti nella vita offline.
- Antepone i rapporti online agli impegni quotidiani, come lo studio o lo sport.
I bambini e i ragazzi stanno comunicando, a modo loro, che qualcosa non va. I genitori possono avvicinarsi, senza pregiudizi, in modo che i figli sentano la loro presenza come un porto sicuro, capiscano che si possono fidare e che possono parlare di qualunque cosa. Quando questo canale di comunicazione non si apre è bene che i bambini e i ragazzi possano rivolgersi ad una figura esterna alla famiglia: psicologo della scuola o psicoterapeuta. Anche i genitori hanno la possibilità di comprendere meglio i segnali di disagio del figlio e di migliorare la comunicazione attraverso dei percorsi di consulenza genitoriale personalizzati.
Il processo terapeutico può essere l’occasione per riuscire a innescare il cambiamento in tutti i membri della famiglia, valorizzando i diversi modi di essere genitori e figli.