Sceneggiatura: Paolo Virzì, Francesca Arghibugi
Cast: Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Valentina Carnelutti, Anna Galiena, Tommaso Ragno
Anno: 2016
Ritengo che il tema più interessante sviluppato dal film “La Pazza Gioia” sia l’amicizia, in particolare l’amicizia tra donne. La locandina ritrae le due protagoniste in una tra le scene più belle e commoventi. Dormono, si uniscono in un perfetto abbraccio, una bionda e l’altra mora, un abito azzurro e l’altro rosa. Come Yin e Yang, i personaggi di Donatella e di Beatrice nel film sono interdipendenti, insieme si sviluppano e trovano una nuova collocazione nella vita emotiva e affettiva.
Il momento di amicizia tra le due donne diventa occasione e fucina ove trasformare emozioni incandescenti, e quindi ingestibili, in emozioni calde e vitali. La tristezza è ”l’ emozione sfondo” che, come la base di un quadro, accoglie e trasforma tutte le altre emozioni-colore che la storia e le protagoniste ci propongono.
“Ogni amico costituisce un mondo dentro di noi, un mondo mai nato fino al suo arrivo, ed è solo tramite questo incontro che nasce un nuovo mondo.”
Anaïs Nin
I sintomi di Donatella e Beatrice potrebbero descrivere clinicamente il disturbo borderline e il disturbo narcisistico della personalità; con loro noi viviamo la commozione di essere riuscite insieme a superare, almeno in parte, i loro ingorghi emotivi fonte di dolore e sofferenza.
E’ doveroso ricordare che il film è una trasformazione narrativa cioè racconta appunto la trasformazione e talvolta il superamento di alcuni blocchi emotivi; se trasportiamo il racconto sul piano di realtà probabilmente il tragico finale del famoso film Thelma e Louise è più plausibile.
E’ altrettanto necessario sottolineare che “La Pazza Gioia” è soprattutto una storia di amicizia che sostiene e aiuta ad affrontare un disagio emotivo; la pazzia intesa come dolore psichico profondo rimane solo sullo sfondo. Ecco quindi la seconda immagine che vi propongo, tratta da un altro momento molto intenso del film, è quella di alcune ospiti della comunità in cui vivono Donatella e Beatrice. Salta agli occhi la sofferenza che ha segnato i loro volti e i loro corpi, ma di quel dolore vero e profondo che si incarna, il regista non parla e non parla nemmeno del processo di cura della sofferenza mentale.
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