Ciascuno ha il proprio tributo da pagare al dolore psichico, al lutto degli amori e delle illusioni e per ciascuno che non osa farsene carico, ci sarà qualcun altro che dovrà farlo al posto suo
(Paul –Claude Racamier)
All’interno del concetto transgenerazionale è racchiusa l’idea di “mito familiare” (Claudio Neri).
Il mito familiare descrive le credenze che la famiglia ha di sé, è composto da narrazioni, immagini, leggende, fantasie e pregiudizi che definiscono l’identità della famiglia e le relazioni tra i componenti del nucleo famigliare.
Possiamo pensare al mito familiare come qualcosa di “sotterraneo”, ovvero inconscio, che viene trasmesso da una generazione all’ altra, talvolta rimane silenzioso, più spesso si manifesta in comportamenti e “agiti” da parte dei membri della famiglia.
Per riconoscere il mito famigliare occorre osservare le aspettative riguardanti il matrimonio, i figli, la professione, la vita in genere di almeno tre generazioni. (vedi recensione Orologiaio di Everton).
Il mito si sviluppa sui “vuoti” ovvero sulla mancanza di informazione o carenza di spiegazioni. Possiamo identificare quattro fattori che compongono le leggende familiari (Byng Hall):
- Racconti o aneddoti familiari: Sono storie raccontate per divertimento, con un eroismo spesso esagerato rispetto alla realtà.
- Fiabe o storie di copertura: Episodi inventati e presentati come verità; è qualcosa che può essere fatto anche consapevolmente, per esempio per giustificare l’assenza di un familiare detenuto o malato di mente. Un evento negativo tenuto segreto o le fantasie ad esso collegate, non sono più distinguibili dal mito e determinano il comportamento della famiglia o di un membro della stessa.
- Segreti familiari: Sono fatti che vengono comunicati in privato con preghiera di non farne parola con nessuno, ma ognuno la trasmette a un altro componente della famiglia, così diventano di dominio pubblico, legando però il confidente e l’ascoltatore in una coalizione nascosta.
- Leggende familiari: Storie esagerate e molto pittoresche che vengono tramandate di generazione in generazione. Probabilmente sono racconti morali che comunicano le regole e gli obblighi della vita familiare. Sono modellate dal narratore e rispondono alle esigenze omeostatiche della famiglia in modo che le modifiche involontarie del racconto siano consone con le credenze attuali della famiglia.
Esistono anche “elementi” che vengo trasmessi al figlio pur essendo in contrasto con la tradizione familiare, non sono rappresentabili, e per questo non possono essere raccontati perché inconsci. Quindi i genitori portano inconsapevolmente, all’interno del modello educativo che si sono proposti di adottare, l’influsso di fantasmi che popolano le loro menti inconsce:
“In ogni stanza di bambino ci sono fantasmi. Sono i visitatori non invitati del passato dei genitori, di cui loro stessi non hanno memoria, gli ospiti non invitati al battesimo. Nelle situazioni migliori questi visitatori, ostili e non invitati, vengono cacciati dalla stanza dei bambini e ritornano nelle loro dimore sotterranea. Il bambino fa la sua imperativa richiesta di amore al genitore e, proprio come nelle fiabe, i legami d’amore proteggono il bambino e i suoi genitori dagli intrusi, i fantasmi maligni. …Ci sono, sembra, alcuni fantasmi di passaggio che selettivamente si installano nella stanza dei bambini. Sembrano far danno secondo un piano storico o tematico, specializzandosi in aree quali alimentazione, sonno, controllo sfinterico o disciplina, a seconda della vulnerabilità del passato dei genitori.”
(Tratto da Il Sostegno allo sviluppo, Fraiberg S., 1999 Raffaello Cortina pag. 179)
Nella favola “La bella addormentata nel bosco” il Re e la Regina invitano, alla festa in onore della nascita della piccola Aurora, tre fate. Le tre invitate portano i loro regali: la bellezza, una voce dolcissima e altre virtù. Sono questi i “doni transgenerazionali” che i genitori desiderano offrire ai propri figli, ma tutti sappiamo che improvvisamente arriva alla festa Malefica, la strega che non era stata invitata e donerà alla principessina la morte, entro il sedicesimo anno di vita. La strega malvagia rappresenta i gli aspetti emotivi inconsci, trasmessi dai genitori, che possono bloccare lo sviluppo psicologico in parte o gravemente.
Appare evidente che nella personalità di ciascun individuo non tutto fa parte del suo progetto vitale, ma è importante che, nel corso del processo evolutivo, siano conservati e sviluppati gli aspetti essenziali della personalità e, allo stesso tempo, abbandonate alcune “fantasie” che sono state trasmesse dai genitori, o più in generale, dall’ambiente familiare.
Ovviamente non tutto ciò che viene trasmesso all’interno di una famiglia è da considerarsi come una fonte d’impedimento alla crescita dell’individuo.
Ci sono fantasie transgenerazionali grazie alle quali si mantengono saldi i legami affettivi con le figure parentali e che contribuiscono allo strutturarsi dell’identità personale mediante comportamenti di imitazione e processi di identificazione (vedi recensione Il Posto).
Per esempio, quando il bambino è agitato o preoccupato, spesso i genitori adottano strategie per calmarlo o rassicurarlo simili a quelle che ricevano loro da piccoli, gesti che ricordano come rassicuranti e che vengono tramandati da una generazione all’altra.
Il soggetto assorbe, inconsapevolmente, soprattutto ciò di cui non si parla, attraverso divieti, rituali, abitudini: tutto ciò prende forma dentro di lui e vi resta in maniera indiscussa e invariabile. Solo se viene riportato a livello di coscienza, il soggetto può rendersi conto dell’influenza che questo patrimonio ha nella sua vita. Il bambino ha così due parti contemporaneamente presenti in lui: una desiderosa di essere se stessa e di seguire le proprie istanze vitali, l’altra costretta a modellarsi secondo richieste tramandate nelle generazioni.
Il figlio percorre dunque un terreno già battuto, in cui alcuni ostacoli sono già stati eliminati e il suo cammino sarà meno faticoso. Laddove, però, chi l’ha preceduto non è riuscito a liberare la strada, chiede a lui di trovare la soluzione innovativa e ridare vigore alla famiglia, oppure continuare a mantenere l’ostacolo, secondo le modalità utilizzate dalla famiglia
Breve nota alle immagini
Le due immagine rappresentano la scena d’apertura e di chiusura del film – La famiglia – (1987 regia di Ettore Scola). Vittorio Gassman interpreta Carlo e il nonno di Carlo. La prima immagine è la fotografia di tutta la famiglia che viene scattata, in occasione del battesimo di Carlo; la seconda invece riprende i parenti riuniti per festeggiare il suo ottantesimo compleanno. La trama del film narra la storia di una famiglia borghese italiana nell’arco dei primi ottant’anni del novecento. La scelta del regista di proporre Vittorio Gassman nel duplice ruolo di Carlo, protagonista principale, e del proprio nonno introduce fin dall’inizio il tema degli aspetti emotivi, psicodinamici e relazionali che vengono tramandati di generazione in generazione, alcuni rimango pressoché immutati altri subiscono trasformazioni, più o meno profonde, all’interno di un contesto familiare e sociale che cambia.
Per approfondire
- Kaës, R., Faimberg, H., Enriquez, M., Baranes, J.-J., – Trasmissione della vita psichica tra generazioni – Borla 1995
- Il transgenerazionale tra mito e segreto di Anna Maria Nicolò Corigliano – www.psychomedia.it
- Byng-Hall – Le trame della famiglia – Raffaello Cortina Editore
- Selma Fraiberg – Il sostegno allo sviluppo – Raffaello Cortina Editore
- Claudio Neri – Campo e fantasie trans-generazionali (vedi PDF)