Solitamente nell’ultima fase dei colloqui esplorativi, quelli volti a cercare di definire un progetto terapeutico insieme alla persona che chiede il mio aiuto, cerchiamo di rispondere alla domanda “Cosa ti aspetti dalla psicoterapia?”
La risposta a questa domanda è sempre molto complessa perché la risposta semplice “Voglio stare meglio” implica comprendere cosa significa questo desiderio nella quotidianità. È possibile, per esempio diminuire l’ansia, migliorare le relazioni affettive senza cambiare nulla nella propria vita e nel modo di percepirla? Solitamente le persone che chiedono aiuto hanno molta paura dei cambiamenti, talvolta sono in difficoltà proprio perché hanno dovuto subire un cambiamento: una separazione, l’arrivo di un figlio, un trasferimento e altro ancora. Perché il cambiamento spaventa tanto?
Aikaterini Fotopoulou, neuroscienziata cognitivista, che ha studiato la formazione del Sé e la sua plasticità, nella sua intervista nel sito The Neuropsychoanalysis Association dice:
“Il modo in cui costruiamo noi stessi è sempre anticipatorio, è sempre predittivo… Quindi abbiamo un cerchio costante tra aspettativa ed esperienza; è una sorta di macchina auto-organizzatrice che ha la capacità di migliorare se stessa. Queste idee provengono da modelli matematici, teoria dell’informazione e in gran parte derivanti dall’ingegneria dei sistemi biologici e non biologici. Il vantaggio di questo modello è che ci permette di capire, per esempio, la stabilità. Infatti se facciamo previsioni non siamo sopraffatti da tutte le esperienze e sappiamo dove andare. Allo stesso tempo, se fossimo testardi avremmo sempre un sé che non imparerebbe mai dall’esperienza. Quindi gli errori di previsione ci permettono di adattarci, imparare e migliorare i nostri modelli. I nostri modelli consentono stabilità. La nostra esperienza si integra negli errori predittivi e così impariamo.”
Stabilità e Cambiamento: le due facce del Sé
Dunque l’attaccamento ai propri modelli è determinato dal bisogno di stabilità, contemporaneamente i modelli inefficienti producono sintomi e dolore. È proprio qui che si inserisce il difficile compito di una psicoterapia che produce cambiamento. Occorre permettere al “nuovo” di entrare nel nostro sistema di idee e di emozioni, senza esserne troppo turbati. Lo psicoanalista W.R Bion invitava ad affrontare la seduta di psicoanalisi “senza memoria e senza desiderio”, ovvero liberi dagli schemi che impediscono una trasformazione.
“Scarta la tua memoria, scarta il tempo futuro del tuo desiderio; dimenticali entrambi in modo da lasciare spazio ad una nuova idea. Forse sta fluttuando nella stanza in cerca di dimora un pensiero, un’idea che nessuno reclama.”
Oriente e Occidente: molto vicini
È interessante che M. Eliade, grande conoscitore dei testi della tradizione orientale, giunge ad una analoga conclusione:
“La meditazione di visione profonda consiste nel capovolgere il modo in cui il mondo appare”
E lo psicoterapeuta è in grado di cambiare?
Desidero chiudere con una nota personale. La supervisione è un percorso formativo che alcuni psicoterapeuti, soprattutto quelli più giovani, compiono per confrontarsi con colleghi più esperti. Degli anni di supervisione con lo psicoanalista Antonino Ferro ho molti ricordi, in particolare mi torna alla mente il suo sollecito suggerimento:
“Dobbiamo indossare le mutande in testa” Antonino Ferro
A. Ferro mi sollecitava, con il suo atteggiamento bonario e divertito distacco dalle cose, a mantenere i miei modelli teorici e scientifici, ma a non attaccarmi ad un uso stereotipato di questi, per poter realmente accompagnare il paziente verso il proprio cambiamento sostenibile.
Alcuni Suggerimenti bibliografici
- Dr Aikaterini (Katerina) Fotopoulou, Ph.D.; Mentalising Homeostasis: From Body to Self in The Neuropsychoanalysis Association
- Wilfred Ruprecht Bion, Apprendere dall’esperienza
- Eliade Mircea, Lo Yoga- Immortalità e libertà
- Antonino Ferro – Comunicazione personale