La meraviglia è una caratteristica dell’infanzia e siccome accade spesso che con l’avanzare dell’età impariamo l’indifferenza e il distacco, riappropriarci dello stupore è un buon antidoto al trascorrere del tempo.
“Chi non è più in grado di provare né stupore né sorpresa è per cosi dire morto; i suoi occhi sono spenti.” A. Einstein – Come io vedo il mondo
Accanto alle conoscenze che si acquisiscono nel corso della vita occorre mantenere o riaccendere lo stupore per il quotidiano e il casuale, il non ragionevole e il contraddittorio. Uno sguardo attento, aperto e rilassato come quello del fanciullo sempre pronto ad accettare la sorpresa.
Perché non sempre lo stupore è un antidoto al trascorrere del tempo?
Perché lo stupore non è sempre e soltanto un momento positivo e piacevole, ma possiede anche una dimensione di paura e angoscia. Quel turbamento di colui che si trova a contatto con una realtà ignota, sconosciuta e diversa da come la prevedeva.
Nella mia attività di psicoterapeuta vedo lo stupore nei volti dei genitori che non riconoscono più il loro bambino nel figlio adolescente oppositivo, aggressivo ed evitante. Vedo lo stupore nei pazienti che si ammalano o invecchiano e non riconoscono più il loro corpo trasformato.
Un epoca di stupore. Ecco, certi luoghi della città mi fanno sentire nostalgia per lo stupore. Essere storditi dalla forza di qualcosa. Mi piacerebbe tanto, se capitasse di nuovo. Forse potrebbe essere proprio lo stupore – se fossimo capaci d’impararlo – l’antidoto al tempo che accelera in questo modo insopportabile. Il tempo è molto più esteso per i giovani perché sperimentano in continuazione cose nuove. La loro vita è piena di prime volte, di improvvise consapevolezze. Il tempo scorre veloce quando si invecchia perché, di regola, si ripete sempre uguale. Le possibilità di scegliere si riducono, le vie sbarrate si moltiplicano, fino a quando tutto pare ridursi ad un unico, piccolo sentiero, e questo produce un’anestesia della coscienza. Aiuta ad attutire la paura della morte, ma sbiadisce i colori.
Gianrico Carofiglio – La misura del tempo