L’ orologiaio di Everton è la storia di un padre che finirà per vedere nella ribellione del figlio quel desiderio di rivolta che in se stesso ha sempre soffocato. Simenon ci porta, insieme al protagonista, a cercare il filo rosso che lega strettamente il ragazzo al padre e al nonno ovvero la componente transgenerazionale delle relazioni.
Autore: Georges Simenon
Editore: Mondadori
Anno: 2005
L’ orologiaio di Everton è la storia di un padre che finirà per vedere nella ribellione del figlio quel desiderio di rivolta che in se stesso ha sempre soffocato. Simenon ci porta, insieme al protagonista, a cercare il filo rosso che lega strettamente il ragazzo al padre e al nonno ovvero la componente transgenerazionale delle relazioni.
“…i tre uomini erano profondamente affini. Ciascuno di loro costituiva, in qualche modo, una tappa di uno stesso percorso. …Una mattina, durante la settimana, appese un cartello alla porta del negozio e si recò da Musak, nel suo laboratorio. Quasi arrossendo, come se temesse di tradire un intimo segreto, tirò fuori da una busta tre fotografie.
“Vorrei che me le montasse in un’unica cornice” disse, disponendole in un certo ordine sul banco. “Una cosa molto semplice, giusto un listello di legno naturale”.
La prima era una fotografia di suo padre all’età di trentotto anni, esattamente come Dave lo ricordava, con i baffi che ne accentuavano I’ espressione un po’ ironica. La seconda era una foto di lui, quando aveva ventidue anni ed era appena stato assunto nell’ officina di Waterbury. Il collo sembrava pia lungo e più magro di adesso; stava di mezzo profilo e l’ angolo del labbro era leggermente rialzato.
La terza foto era di Ben, ed era stata scattata un mese prima da un amico. Anche lui aveva il collo lungo ed era la prima volta che veniva fotografato mentre fumava una sigaretta.
Musak gli porta le foto incorniciate il giorno stesso, nel tardo pomeriggio, e Dave le appese subito alla parete. Gli sembrò che in quelle tre fotografie ci fosse la spiegazione di tutto quello che era successo, ma si rendeva conto che solo lui poteva capire, e che se avesse cercato di comunicare ciò che sentiva a qualcun altro, a un Wilbur Lane per esempio, questi lo avrebbe fissato sbigottito.”
Ritengo il finale molto interessante perché racconta di un padre che solo quando diventa consapevole del legame transgenerazionale con il figlio decide di iniziare il proprio viaggio interiore per affiancare il figlio nella conquista della sua libertà e della sua vita.
Lo sguardo dei tre uomini non tradiva forse una stessa vita segreta, o meglio, una vita che aveva dovuto ripiegarsi su se stessa? Sguardo di esseri timidi, quasi rassegnati, mentre I’ identica smorfia del labbro indicava una ribellione repressa.
Erano tutti e tre della stessa razza, una razza opposta a quella di un Lane, o di un Musselman, o di sua madre. Gli pareva che in tutto il mondo non ci fossero che due tipi di uomini, quelli che chinano la testa e gli altri. Già da bambino la pensava in questi termini, anche se allora usava un’immagine infantile: c’è chi sculaccia e chi viene sculacciato.”…..